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Il rapporto con il cibo nei Disturbi del Comportamento Alimentare: la restrizione dietetica.

lunedì 01 marzo 2021 - 08:13

Le modalità di alimentazione più frequentemente rilevate nelle persone che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare, comprendono tre principali quadri: restrizione dietetica, abbuffata, condotte di compenso.

 

 

 

 

La restrizione dietetica

 

E' definita dalla limitazione volontaria della quantità di cibo al fine di ridurre l'apporto energetico e ottenere un calo ponderale o un controllo del peso. Nell'anoressia nervosa e nella bulimia nervosa, l'introito calorico quotidiano può essere molto ridotto ed eguagliare il metabolismo basale (quota energetica minima per il funzionamento dei processi fisiologici a riposo). Nei casi più gravi, le calorie assunte raggiungono le 600 o 300 Kcal, ovvero dalle due alle cinque volte in meno rispetto al metabolismo basale medio (1300-1500 Kcal). Le modalità di restrizione dietetica sono molteplici ed includono l'esclusione di uno o più pasti, i periodi di digiuno totale, la selezione di alimenti a bassa densità energetica, la totale esclusione o riduzione dei cibi più ricchi di calorie - in primis i condimenti - l'adesione ad una dieta ricca di fibre e proteine e povera di carboidrati e grassi.

 

Alla restrizione dietetica sono spesso associati comportamenti che hanno lo scopo di ridurre o meglio tollerare le sensazioni di fame e di disagio associate alla limitazione dell'introito calorico. Tante sono le strategie messe in atto nel tentativo disperato di vincere l'istinto primordiale della fame e, più o meno tutte, hanno in comune un aspetto: la ritualità.

 

La psicologia ci dice che i rituali vengono attuati con l'obiettivo, più o meno conscio, di ridurre l'ansia associata con l'assunzione di cibo e di aumentare il controllo nei confronti dell'alimentazione. Spesso, il comportamento rituale, è rinforzato proprio dagli effetti biologici della malnutrizione.

 

E' facile, seppur sbagliato, pensare che le persone affette da anoressia o bulimia nervosa disprezzino il cibo, la sua consistenza, il suo sapore. In realtà, il cibo è percepito come un "oggetto del peccato" verso il quale l'attrazione è direttamente proporzionale all'impegno proferito nell'allontanarlo. Uno dei modi per difendersi dal richiamo del cibo è mascherarne il sapore, fonte del più grande nemico della malattia: il piacere. Qualora, per una distrazione, il cibo tornasse ad essere gustoso, godereccio, piacevole, ecco che la paura più grande si rivelerebbe in tutta la sua forza distruttiva: la perdita di controllo.

 

 

Per prevenire questa evenienza, le persone con un DCA mettono in atto una serie di strategie:

 

• Limitare il perimetro d'azione. La scelta di alimenti poco appetibili, la restrizione della varietà e della disponibilità di cibo, il rinvio dei pasti, la rigidità degli orari, della sequenza di consumo, della tipologia delle dimensioni e del colore degli alimenti, la costanza degli utensili utilizzati e dei luoghi dei pasti;

 

• Mascherare i sapori. Ingannare i recettori gustativi, colpevoli di essere messaggeri della corteccia gustativa, è una delle priorità. Sale, pepe, aceto, senape, peperoncino, sono solo alcuni dei sapori forti e spiacevoli (in certe dosi) con cui il cibo viene truccato e reso inappetibile;

 

• Indurre la sazietà. E' frequente il consumo di alimenti o bevande il cui volume attivi i meccanocettori gastrici favorendo una sensazione di sazietà. Bere molta acqua o bevande dolcificate (ma non zuccherine), consumare grandi quantità di verdure scondite o fiocchi di crusca (ricchi di fibra), fare uso strumentale di bevande molto calde quali caffè, tè, tisane, brodo vegetale;

 

• Dilatare i tempi del pasto. La creazione dell'illusione di consumare un pasto di una certa entità distribuendo il cibo su tutta la superficie del piatto, sminuzzando e preparando minuscoli bocconi scrupolosamente separati dalla massa principale, mangiando con estrema lentezza o masticando a lungo;

 

• Tenere alta la vigilanza. Massivo consumo di bevande nervine contenenti caffeina o teina (caffè, tè, bevande eccitanti) per il loro effetto energizzante e di aumento della vigilanza sull'introito di cibo;

 

• La presenza dell'altro a tavola. Da un lato c'è l'evitamento di situazioni familiari o sociali in cui è presente il cibo: mangiare da soli in modo da scegliere liberamente, e senza essere sorvegliati, gli alimenti da consumare. Dall'altro c'è l'alimentazione vicaria, ovvero il "mangiare attraverso gli altri" osservandoli, passando loro il proprio cibo o cucinando piatti ricchi e saporiti per familiari e amici.

 

 

Dott.ssa Claudia Gucciardi, Biologa Nutrizionista

 

 

Fonti:
- Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell'alimentazione. Quaderno del Ministero della Salute n.17 ISSN 2038-5293
- Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali V, American Psychiatric Association

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